I disturbi del comportamento alimentare coinvolgono fasce di ragazzi sempre più giovani: perfino sotto i dieci anni. E spesso hanno le caratteristiche delle tossicodipendenze
Aveva dodici anni la bambina che poche settimane fa si è tolta la vita a Torino lanciandosi dal balcone di casa: soffriva di anoressia. Una notizia che sgomenta ma purtroppo rivela anche un problema sempre più diffuso. I numeri dei disturbi del comportamento alimentare parlano infatti di tre milioni e mezzo di persone, il 20 per cento sono bambini. E questi sono i dati ufficiali: poi ci sono quelli sommersi, incalcolabili.
Ogni anno si registrano 8.500 nuovi casi di malattie conosciute comunemente come anoressia, bulimia e “binge eating disorder” (disturbo da alimentazione incontrollata), caratterizzato da frequenti abbuffate compulsive con aumento del peso fino all’obesità. Derivano tutte da profondi traumi irrisolti e, quando non conducono alla morte per suicidio o arresto cardiaco, compromettono la vita con gravissimi danni all’organismo e relazionali.
Nonostante la definizione di allarme sociale, in Italia si fa ancora molta fatica ad affrontare questo argomento, spesso relegato solo all’aspetto estetico. Ecco perché Stefano Tavullia ha fondato l’associazione Mi Nutro di Vita e dal 2012 organizza la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, per sensibilizzare sui disturbi, i sintomi, i rischi e le cure possibili. Tavullia ha perso una figlia diciassettenne a causa della bulimia, ma i Dca – disturbi del comportamento alimentare – hanno iniziato a colpire con preoccupante incidenza anche i più piccoli.
«Abbiamo assistito a un repentino abbassamento dell’età di esordio dei primi sintomi. Fino a poco tempo fa, la fascia compresa tra gli 8 e i 14 anni era interessata dal 5 per cento dei casi, mentre oggi è salita al 20», spiega Laura Dalla Ragione, referente scientifico del Ministero della Salute per i Dca e direttore di Palazzo Francisci a Todi, prima realtà italiana residenziale extraospedaliera nata nel 2003 in seno all’Usl Umbria 1.
«Il numero dei bambini», continua Dalla Ragione, «è talmente elevato da aver indotto l’Istituto Superiore di Sanità ad avviare un percorso di formazione sulla diagnosi precoce per medici di base e pediatri su tutto il territorio nazionale. Sono loro i primi ad entrare in contatto con i pazienti ed è necessario che abbiano gli strumenti per riconoscerli. La risposta è stata notevole, così l’Istituto ha superato il tetto massimo previsto all’inizio e lo ha raddoppiato fino a cinquemila iscritti».
L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce nei Dca la seconda causa di morte per le adolescenti dopo gli incidenti stradali. Ma se fino a pochi anni fa i Dca erano considerati patologie solo femminili, oggi sono diffusi anche tra i maschi (10 per cento), soprattutto nelle nuove forme dell’ortoressia (ossessione da alimentazione sana) e bigoressia (ossessione per il volume muscolare).
Se però i soggetti analizzati sono bambini, molti elementi cambiano: «Tra i pazienti più piccoli, i maschi arrivano al 40 per cento dei casi. E tra i ragazzi c’è la compresenza di altre patologie psichiatriche: la bulimia nervosa ha un’incidenza importante. Nel 63 per cento dei pazienti più giovani, inoltre, l’esordio precoce si accompagna alla crescita di manifestazioni fobico-ossessive, depressione, attacchi di panico e discontrollo degli impulsi. Le patologie hanno sempre conseguenze molto gravi e forme acute. Quello della bambina che si è tolta la vita a undici anni è un episodio tragico e forse inatteso, perché i più giovani praticano spesso l’autolesionismo, mentre il rischio di suicidio di solito si affaccia solo con l’arrivo dell’adolescenza».
Nel febbraio del 2014 si è conclusa la Ricerca nazionale sui Dca adolescenziali e preadolescenziali che il ministero aveva iniziato due anni prima. Un’indagine diretta dalla psichiatra Dalla Ragione su 1.380 soggetti in età compresa tra gli 8 e i 17, con sei centri in altrettante città italiane. I risultati non sono confortanti. Hanno evidenziato che le manifestazioni precoci sostengono percentuali di osteoporosi con blocco dell’accrescimento osseo vicine al 43 per cento.
La conseguenza, si legge nella relazione finale, è che «un bambino di dieci anni con anoressia nervosa e blocco dell’accrescimento osseo non raggiungerà mai la stessa altezza che avrebbe avuto se non si fosse ammalato». Lo studio, inoltre, ha riscontrato qualità e quantità di dispercezione corporea (la mancata corrispondenza tra le immagini corporee reale e percepita) vicine al doppio di quelle presenti nei pazienti tra i 20 e i 30 anni. I riflessi, naturalmente, ricadono pure sullo stress familiare, ed è necessario fornire un sostegno psicologico anche ai parenti che accompagnano la vita del malato.
Una delle prerogative dei Dca consiste nella loro multifattorialità: sono determinati da una pluralità di variabili che scatenano i sintomi e ne influenzano il decorso. Gli approcci terapeutici sono numerosi e differiscono secondo l’orientamento. Ci sono la scuola sistemico-relazionale, quella costruttivista, psicodinamica, cognitiva e molte altre. Numerose sono pure le strutture, residenziali, ambulatoriali e di day hospital, ma troppo poche rispetto alle necessità. Tra le principali ci sono quelle fondate da Fabiola De Clercq (Aba) in sette regioni e il Centro di Terapia Strategica ad Arezzo del professore Giorgio Nardone.
Alcune strutture, soprattutto quelle del servizio pubblico, sono spesso a rischio chiusura, come quella del quartiere Soccavo a Napoli: nonostante un’utenza superiore alle 400 unità. A fornire una mappa completa di associazioni e strutture pubbliche e convenzionate sul territorio nazionale è il sito Internet www.disturbialimentarionline.it , un progetto del ministero della Salute di concerto con quello della Gioventù. Contiene un elenco diviso per regioni e le informazioni relative al numero verde di counseling telefonico 800-180969, anonimo e attivo ad orario continuato dal lunedì al venerdì.
«Le cure previste per i bambini», conclude Dalla Ragione, «si confrontano con l’impossibilità di usare psicofarmaci. Bisogna concentrarsi invece su terapie integrate di carattere familiare, nutrizionale e psicologico. Ecco perché sono importanti le residenze riabilitative in cui ospitare il paziente: ma in Italia solo cinque strutture accolgono giovani sotto i 14 anni. La ricerca che abbiamo condotto testimonia inoltre che non esistono differenze tra Nord, Centro e Sud, sia per numeri che per caratteristiche del disturbo. Per il modo in cui agiscono, i Dca sono assimilabili a dipendenze come quelle da alcol e droga, e credo sia necessario sottolineare che la letteratura scientifica non ha mai dato cenni di remissioni spontanee della patologia, in tutte le età. Lasciarseli alle spalle e recuperare una vita serena è possibile, ma bisogna curarsi».